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Come si riconosce l’insufficienza tricuspidale e come si cura

PUBBLICATO IL 26 MAGGIO 2025

L’insufficienza tricuspidale è una patologia cardiaca spesso sottovalutata o misconosciuta, ma per nulla rara. Secondo alcuni recenti dati, infatti, si riscontra nel 65-85% della popolazione generale, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di forme lievi e asintomatiche. Le forme moderate o gravi sono meno comuni, ma possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita e sulla prognosi della persona, specialmente in presenza di altre malattie cardiache. 

Il prof. Alessandro Castiglioni, consulente cardiochirurgo della Casa di Cura La Madonnina, ci spiega meglio in cosa consiste questa patologia, come si riconosce e come si cura.

 

Che cos'è l’insufficienza tricuspidale

“L’insufficienza tricuspidale è una disfunzione della valvola tricuspide (1 delle 4 valvole che regolano il flusso sanguigno all’interno del cuore e verso il resto del corpo) la quale, in questo caso, non si chiude correttamente”, spiega il professore.

Di norma, infatti, la valvola tricuspide si apre per permettere il passaggio del sangue dall’atrio destro (la camera che lo raccoglie) al ventricolo destro (che lo pompa verso i polmoni) e si richiude subito dopo.

In caso di insufficienza, invece, una chiusura incompleta della valvola consente al sangue di tornare indietro nell’atrio destro, compromettendo l’efficienza del flusso circolatorio.

 

Classificazione e gradi di insufficienza tricuspidale

L’insufficienza tricuspidale può essere:

  • primaria (o organica), circa il 10-15% dei casi, se è la valvola a non funzionare correttamente in quanto:
    • è difettosa dalla nascita a causa di malformazioni e difetti congeniti come, ad esempio, l’anomalia di Ebstein;
    • degenera nel tempo (es. prolasso);
    • è danneggiata da patologie, traumi e trattamenti medici (infezioni, reumatismi, incidenti, biopsie, radioterapia etc.);
  • secondaria (o funzionale), circa l’80% dei casi, se la valvola è strutturalmente sana, ma funziona male perché altre parti del cuore non lavorano in modo adeguato, come, ad esempio, il ventricolo e/o l’atrio destro;
  • legata a elettrocateteri, circa il 5% dei casi, se è generata da un dispositivo elettrico impiantato nel cuore (es. pacemaker, defibrillatore) che crea interferenza con la valvola, oppure modifica nel tempo il funzionamento e l’aspetto del ventricolo destro.

In base all’entità del reflusso di sangue, l’insufficienza tricuspidale viene, inoltre, classificata in 3 gradi:

  • lieve: il sangue refluisce solo in piccola quantità e solitamente non si manifestano sintomi;
  • moderata: il rigurgito è più evidente e può determinare delle manifestazioni cliniche;
  • severa: il reflusso è importante e, se non opportunamente trattato, può compromettere la funzionalità cardiaca e la salute generale della persona.

 

I sintomi dell’insufficienza tricuspidale

L’insufficienza tricuspidale non causa generalmente sintomi fino a quando non è moderata o severa, quindi, viene spesso riscontrata con controlli di screening o casualmente durante accertamenti eseguiti per altre motivazioni.

Le manifestazioni cliniche delle fasi più avanzate, invece, possono essere: 

  • stanchezza estrema;
  • fiato corto per attività banali;
  • sensazione di battito cardiaco accelerato o martellante;
  • sensazione di pulsazioni al collo;
  • gonfiore (edema) a livello addominale, di piedi e/o caviglie.

 

Come si diagnostica

“Durante la visita medica, il cardiologo può rilevare la presenza di un soffio cardiaco e di eventuali edemi. L’esame diagnostico di riferimento, tuttavia, è l’ecocardiogramma: un’ecografia del cuore che permette di osservarne la struttura e di valutare eventuali alterazioni, comprese quelle a carico delle valvole come la tricuspide”, chiarisce il professore. 

Altri esami che possono essere effettuati sono:

  • elettrocardiogramma (ECG);
  • radiografia del torace (RX torace);
  • risonanza magnetica cardiaca (RM cardiaca);
  • cateterismo cardiaco (utilizzato nei casi più complessi. Attraverso il passaggio di un catetere da un vaso sanguigno periferico fino alle camere cardiache è possibile valutare in modo preciso strutture e funzionalità del cuore).

 

L’insufficienza tricuspidale è pericolosa?

L’insufficienza tricuspidale lieve nella maggior parte dei casi non è considerata pericolosa, ma le forme moderate o gravi, se non trattate, possono peggiorare e portare a:

  • fibrillazione atriale: battito cardiaco irregolare e spesso accelerato, associato a un maggiore rischio di coaguli di sangue e ictus;
  • scompenso cardiaco: il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue per soddisfare i bisogni del corpo. Questo può causare sintomi quali edema a livello degli arti inferiori e in altri tessuti.

La pericolosità della patologia, inoltre, aumenta quando questa è associata ad altre malattie cardiache, come l’ipertensione polmonare o la valvulopatia mitralica, che possono determinare una compromissione di vari organi e del quadro clinico generale di salute della persona. 

 

Come si cura l’insufficienza tricuspidale

A seconda anche dello stadio della patologia, l’insufficienza tricuspidale viene trattata tramite diversi approcci, che possono andare dalla terapia medica conservativa alla chirurgia.

Terapia farmacologica

Nei casi più lievi o quando non è possibile operare, l’insufficienza della valvola tricuspide viene gestita tramite l’utilizzo di farmaci come, ad esempio, i diuretici, che permettono di ridurre l’accumulo di liquidi determinato da una circolazione non ottimale. Tuttavia, questa cura è spesso limitata dal peggioramento della funzione renale in pazienti con forme avanzate.

Intervento chirurgico

Quando l’insufficienza è più grave, può essere necessaria un’operazione cardiochirurgica che, ove possibile, alla sostituzione della valvola, va a preferirne la riparazione. Le procedure più comuni in questo senso possono essere:

  • anuloplastica: la tecnica più utilizzata che consiste nell’applicare un anello protesico per stringere e rimodellare la valvola, migliorandone la chiusura;
  • incremento di superficie del lembo anteriore: in alcuni casi si può ingrandire il lembo anteriore della valvola, ovverosia 1 delle 3 parti mobili che formano una sorta di tendina, la quale si apre e chiude per far passare il sangue nella giusta direzione. Un piccolo innesto (patch) cucito al lembo aiuta a far chiudere meglio la valvola o modificarne la forma con punti di sutura;
  • sostituzione della valvola: se la riparazione non è possibile, si può sostituire la valvola con una protesi biologica o meccanica;
  • procedure percutanee (trasncatetere): un catetere viene introdotto attraverso un vaso sanguigno per raggiungere il cuore e intervenire sulla valvola tricuspide in maniera mininvasiva e senza tagli significativi;
  • altri interventi particolari: in casi estremi, come nelle infezioni gravi, si può rimuovere la valvola danneggiata e valutare in un secondo momento l’impianto di una nuova protesi.

La scelta della tecnica più idonea è effettuata da cardiochirurgo e paziente a seconda del quadro clinico di quest’ultimo.

 

Insufficienza tricuspidale e sport

Una delle domande più frequenti rivolte al medico è se chi soffre di insufficienza tricuspidale può praticare o meno sport.

“Non esiste una risposta valida per tutti - conclude il professore - in quanto molto dipende dal tipo di attività fisica, dalla gravità dell’insufficienza, dalla presenza di altre patologie o meno e dallo stato generale di salute del cuore”.

In linea generale, l’attività sportiva non è controindicata in sé nei casi lievi o moderati, ma deve essere affrontata con cautela e sempre e solo sotto supervisione medica, evitando sforzi intensi e prolungati, soprattutto in assenza di un’adeguata valutazione clinica.

Il medico può anche prescrivere esami specifici, come l’ecocardiogramma da sforzo, per capire se e quali attività è sicuro svolgere.

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