Sintomi e cause dell'arterite di Horton

PUBBLICATO IL 22 SETTEMBRE 2022

L’arterite di Horton è una forma di vasculite: infiammazione dei vasi sanguigni, più comune nei soggetti di età avanzata con un un’incidenza calcolata nei paesi più colpiti del Nord Europa, di 17-18 casi ogni 100.000 over50

Il dottor Luigi Sinigaglia, specialista in Reumatologia della Casa di Cura La Madonnina, nonché Past President della Società Italiana di Reumatologia, ci illustra meglio quali sono le manifestazioni cliniche e le caratteristiche di questa patologia.

 

Cos’è l’arterite di Horton

L’arterite di Horton (AH), dal medico che nel 1937 la descrisse per la prima volta, definita anche arterite a cellule giganti o arterite temporale, è un’infiammazione che colpisce alcune grandi e medie arterie del corpo, in particolare e con maggior frequenza, alcune arterie che irrorano:

  • capo (arterie temporali);
  • occhi e area oculare (oftalmiche, ciliari posteriori);
  • collo e tronco (arterie vertebrali).

L’infiammazione forma degli agglomerati (granulomi) composti da vari elementi, come cellule del sistema immunitario e frammenti di tessuto connettivo, che vanno ad infiltrarsi prevalentemente nello strato intermedio del vaso sanguigno (tonaca media), ma che possono anche interessare tutti e 3 gli strati costituenti le pareti dell’arteria (tonaca intima, tonaca media e tonaca avventizia).

 

I sintomi dell’arterite a cellule giganti

“Le manifestazioni cliniche della malattia possono essere varie e diversificate - spiega il dottore - ma con una sintomatologia sistemica riscontrata dalla maggior parte dei pazienti”. 

Fra i principali sintomi della patologia vanno indicati:

  • cefalea: circa il 90% dei soggetti presenta un’intensa cefalea che può essere localizzata in varie aree come:
  • zona temporale (ai lati degli occhi, in direzione dell’orecchio); 
  • sommità del capo;
  • zona occipitale (la parte del capo localizzata sopra la parte posteriore del collo);


 

  • dolore alla muscolatura scapolare: nel 15-30% dei casi accompagnato alla cefalea e con caratteristiche sovrapponibili alla polimialgia reumatica (PMR), malattia infiammatoria che determina dolore e rigidità articolare all’area di collo, spalle e cingolo pelvico;
  • febbre: presente in ca il 15% dei casi, di rado superiore ai 39° C;
  • dolore durante la masticazione (claudicatio dei masseteri), a causa di un’ischemia, quindi un insufficiente apporto di sangue alla muscolatura masticatoria. In questi casi il dolore può irradiarsi a:
  • viso;
  • orecchio;
  • lingua, bocca e cavo orale;
  • tosse di causa ignota;
  • artrite periferica, a carico delle grandi articolazioni quali, ad esempio:
  • ginocchio;
  • gomito;
  • caviglia;
  • polso;
  • neuropatie periferiche: ca. il 15% dei pazienti presenta un danno e conseguente disturbo dei nervi periferici (mononeurite multipla, polineuropatia etc.);
  • altri sintomi rari come ischemia cerebrale; infarto midollare; demenza; necrosi del cuoio capelluto.

All’esame obiettivo, circa il 50% dei soggetti manifesta dolore al tocco dell’arteria temporale che risulta ispessita e/o con noduli, tanto che spesso non è possibile individuare il polso arterioso.

I sintomi oculari

L’arterite di Horton può presentarsi in alcuni casi anche con sintomi a livello oculare, fra cui:

  • cecità: la manifestazione clinica più grave, che interessa circa il 20% dei casi, è la perdita della vista da 1 o entrambi i lati, legata principalmente ad un’occlusione delle arterie ciliari posteriori. Inizialmente questa cecità può essere transitoria e magari monolaterale, ma senza gli opportuni trattamenti può divenire permanente nel giro di alcune settimane e ciò, purtroppo, si verifica in circa il 30% dei casi;
  • visione doppia (diplopia), nel 2-15% dei casi;
  • nessuna manifestazione oculare: tra il 5-40 % dei casi, con un significativo rischio di complicanze a livello oculare.

 

Le cause della patologia

“L’infiammazione determinata dall’arterite di Horton - chiarisce il dottor Sinigaglia - deriva dall’attivazione del sistema immunitario innato e acquisito con cause scatenanti, però, che non risultano ancora note, come del resto nella maggior parte delle vasculiti. Si può parlare, ad ogni modo, di una predisposizione genetica”.

 

Chi colpisce 

L’arterite temporale sembrerebbe interessare da 2 a 6 volte maggiormente il sesso femminile rispetto a quello maschile, con probabilità di sviluppare la patologia che crescono con l’avanzare dell’età, tanto che a 90 anni il rischio è 20 volte superiore rispetto ai 50/60 anni.

Le popolazioni del Nord-Europa e Stati Uniti sono quelle che registrano il maggior numero di casi, in aumento, secondo alcuni dati, ma ciò potrebbe essere riconducibile anche a una sempre maggior conoscenza della malattia che appare, invece, essere molto rara nei soggetti Asiatici e di colore.

 

La diagnosi di arterite a cellule giganti

Nei casi sospetti di arterite di Horton il medico prescrive degli esami del sangue (VES e Proteina C Reattiva) per individuare la presenza o meno di marker infiammatori.

Oltre a questi, il gold standard per la diagnosi è ad oggi costituito dalla biopsia dell’arteria temporale: un campione di almeno 2 cm di lunghezza prelevato dalla sede anatomica in cui si riscontrano i maggiori disturbi. Si tratta, tuttavia, di una procedura invasiva che, come tale, può comportare anche dei rischi; inoltre, un esito negativo non esclude del tutto la presenza della malattia.

Ecografia come futuro della diagnosi?

L’ecografia delle arterie temporali potrebbe rappresentare un’evoluzione della biopsia che, soprattutto nelle fasi acute e purché eseguita da personale esperto, parrebbe essere di particolare sensibilità. Non tutta la comunità scientifica, però, è concorde al riguardo.

A completare il quadro diagnostico può inserirsi anche la PET (tomografia a emissione di positroni) con fluorodesossiglucosio, in grado di valutare la presenza o meno di arterite a livello delle diramazioni aortiche.

 

La cura per l’arterite di Horton

La terapia per l’arterite di Horton prevede essenzialmente la somministrazione di corticosteroidi inizialmente a dosi elevate (0,5/1 mg per kg del soggetto), andando a diminuirle contestualmente alla riduzione dell’infiammazione.

Nel giro di alcuni mesi, nella maggioranza dei pazienti si riscontra una buona risposta al trattamento che può determinare la sua sospensione definitiva o un mantenimento a tempo indeterminato, ma a basso dosaggio.

Nei casi in cui, tuttavia, non si verifichino dei miglioramenti o si riscontrino recidive, altre terapie vedono la somministrazione di sostanze in grado di inibire il recettore di Interluchina 6; responsabile dell’infiammazione, e in grado, quindi, di consentire una remissione della malattia nonché di limitare l’utilizzo dei corticosteroidi e degli effetti legati al loro utilizzo cronico.

 

L’importanza della tempestività

“L’arterite di Horton – conclude il dottor Sinigaglia - è una patologia che al giorno oggi può essere gestita efficacemente se in possesso di una diagnosi precoce, indispensabile per poter prevenire, tramite la somministrazione dei farmaci, danni maggiori come la cecità. Per questo motivo è di fondamentale importanza sensibilizzare gli utenti a recarsi quanto prima dal medico nel caso di riscontro di una sintomatologia riconducibile a quella indicata”.

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