Cos’è l’insufficienza renale cronica e quale dieta seguire
PUBBLICATO IL 07 GIUGNO 2024
Nel mondo si stima che circa 850 milioni di persone siano affette da insufficienza renale cronica e che questo numero sia in crescita a causa di fattori di rischio come l’obesità e l’invecchiamento della popolazione. Una condizione generalmente asintomatica, nelle forme lievi, tanto che si stima che fino al 90% delle persone in questi stadi non sappia di esserne affetto, ma se ne accorga ormai quando le complicanze sono gravi e irreversibili. Il dottor Francesco Trevisani, specialista in nefrologia presso la Casa di Cura La Madonnina e l’IRCCS Ospedale San Raffaele ci parla meglio dell’insufficienza renale cronica e di come riconoscerla.
Cos’è l’insufficienza renale cronica
“L’insufficienza renale cronica (IRC o CKD in inglese) è una condizione per cui i reni vanno progressivamente a perdere la capacità di depurare il sangue, non eliminando con l’urina scorie e liquidi in eccesso. Negli stadi più gravi, questa patologia può avere complicanze anche serie e irreversibili”, spiega il dott. Trevisani.
Quanti stadi ha l’insufficienza renale cronica
L’insufficienza renale cronica è suddivisa in 5 stadi progressivi. La fase 1 è la meno grave e di frequente asintomatica, mentre la 5, definita anche insufficienza renale terminale (ESRD), richiede terapie, quali dialisi o trapianto renale, necessarie per reintegrare la funzione renale irrimediabilmente compromessa.
I sintomi
Le manifestazioni cliniche dell’insufficienza renale cronica possono variare a seconda dello stadio della malattia e del conseguente danno causato, con le fasi iniziali che possono risultare anche completamente asintomatiche.
Fra i sintomi più comuni a cui prestare attenzione, in quanto possono manifestarsi con l’avanzare della malattia, vi sono:
- affaticamento persistente;
- gonfiore alle caviglie e alle gambe (edema);
- anasarca (edema consistente dei tessuti sottocutanei);
- perdita di appetito, nausea e/o vomito;
- prurito cronico della pelle;
- minzione frequente o ridotta;
- crampi muscolari;
- aumento della pressione sanguigna;
- rapido decadimento cognitivo;
- netta riduzione della massa muscolare (sarcopenia), a causa dell’accumulo di scorie nel sangue.
Fattori di rischio
I fattori che possono predisporre a un’insufficienza renale cronica sono:
- età (più di 60 anni), in quanto con l’avanzare degli anni è più frequente che i reni tendano a essere meno efficienti;
- storia familiare di insufficienza renale;
- fumo e alcol, che possono danneggiare i reni con sostanze nocive e costringerli a lavorare più duramente per filtrare il sangue;
- ipertensione: una pressione sanguigna elevata a lungo andare danneggia i vasi sanguigni, compresi i glomeruli renali (sottili capillari arteriosi che svolgono la funzione di filtrazione);
- diabete: livelli di zucchero in eccesso nel sangue possono danneggiare, anche in questo caso, i vasi sanguigni di molti organi, compresi i reni, che, quindi, perdono di efficienza con un conseguente aumento di scorie nel sangue e della pressione sanguigna;
- obesità: per alimentare i tessuti in eccesso il corpo produce più sangue, quindi, i reni devono lavorare maggiormente per gestire questo flusso extra, mettendo pressione ai glomeruli e finendo per danneggiarli;
- assunzione abituale di alcuni farmaci analgesici e antinfiammatori, che risultano nocivi per i reni;
- patologie renali (per esempio, calcoli, rene policistico, glomerulopatie, tumori ecc..);
- malattie autoimmuni come il lupus;
- infezioni recidivanti delle vie urinarie;
- terapie oncologiche che presentano l’insufficienza renale come effetto collaterale.
Complicanze dell’insufficienza renale cronica
L’insufficienza renale cronica in stadio avanzato può compromettere diverse funzioni del corpo, inducendo:
- anemia;
- ipertensione arteriosa;
- edema polmonare;
- malattie cardiovascolari, come l'insufficienza cardiaca e lo scompenso cardiaco;
- problemi ossei quali l'osteodistrofia (deformazione del tessuto osseo);
- iperparatiroidismo (una o più ghiandole paratiroidi divengono iperattive);
- anasarca;
- sarcopenia;
- una concentrazione abnorme all’interno dell’organismo di acidi, acido urico, azotemia, fosfato, potassio (acidosi metabolica, iperuricemia, iperfosforemia e iperkaliemia).
- decadimento cognitivo.
Queste complicanze devono essere prontamente trattate dal nefrologo, anche per evitare l’insorgenza di insufficienza renale acuta: una condizione molto pericolosa che comporta il blocco acuto del funzionamento dei reni.
Come avviene la diagnosi
La diagnosi di insufficienza renale si effettua tramite alcuni esami di laboratorio:
- esami del sangue;
- calcolo del tasso di filtrazione glomerulare (GFR);
- analisi delle urine;
- esami di imaging.
Esami del sangue
Un semplice prelievo ematico consente di valutare:
- i livelli di creatinina e azoto ureico, in quanto si tratta di sostanze che i reni dovrebbero filtrare ed espellere con l’urina;
- concentrazione di vitamina D, paratormone, acido urico e bicarbonati venosi, poiché il danno renale può influenzare la regolazione di queste sostanze chimiche nel sangue.
Calcolo del tasso di filtrazione glomerulare (GFR)
Questo parametro indica la velocità con cui i reni filtrano il sangue. I valori variano in base a fattori quali sesso, età, etnia, ma in genere sono considerati nella media dai 90-120 ml/min per 1,73m (la superficie corporea).
Il GFR può essere calcolato (GFR stimato) o misurato (GFR misurato) tramite metodiche come la scintigrafia renale o il test allo iohexolo per il plasma clearance. Si tratta di un valore essenziale in pazienti con livelli di creatinina misleading poiché presenti, per esempio, condizioni quali sarcopenia, cachessia (deperimento fisico), obesità o malattie neoplastiche.
Analisi delle Urine
Un controllo delle urine può rilevare la presenza in esse di sostanze che normalmente non dovrebbero esservi, se non in quantitativi molto ridotti, quali proteine (proteinuria) e sangue, che in quantitativi superiori alla norma possono, quindi, indicare un danno renale, in particolare se il loro valore va ad accrescersi nel tempo.
Esami di imaging
Ecografie di primo livello unitamente a ecocolordoppler possono evidenziare in maniera chiara anomalie morfologiche a carico dei reni (riduzione della corticale renale, perdita della differenziazione cortico midollare, stenosi delle arterie renali).
La visita con il nefrologo per interpretare gli esiti degli esami
Gli esiti degli esami, a ogni modo, vanno sempre valutati da uno specialista nefrologo in quanto il GFR, che da solo potrebbe indicare insufficienza renale o, viceversa, iperfiltrazione, non basta.
Come, infatti, specifica il medico: “Un GFR superiore a 60 e inferiore ai 90 ml/min con un’assenza di alterazioni alla morfologia e struttura dei reni e/o di proteine nell’urina (proteinuria), non costituisce malattia renale cronica. Al contrario, se sono presenti alterazioni dei reni visibili con l’imaging, o proteine nelle urine, anche se il GFR è buono si parla di malattia renale cronica”.
Prevenzione dell’insufficienza renale cronica
La prevenzione dell’insufficienza renale cronica passa tramite una buona gestione dei fattori di rischio modificabili, attraverso:
- stile di vita equilibrato;
- moderata attività fisica;
- limitata assunzione, se non sotto controllo medico, di farmaci antinfiammatori e analgesici;
- alimentazione adeguata;
- monitoraggio di patologie come diabete e ipertensione.
“A causa dell’asintomaticità della malattia e del suo proseguire in maniera subdola fino agli stadi moderati-avanzati, la popolazione con fattori di rischio dovrebbe, a ogni modo, sottoporsi a periodici esami di screening con cadenza annuale, così da poter di rivolgersi allo specialista in tempo utile per evitare la malattia cronica”, conclude il dottore.
Dieta per l’insufficienza renale cronica
Una stretta collaborazione è richiesta, in particolare, fra nefrologo e dietista/nutrizionista, al fine di evitare di danneggiare ulteriormente i reni.
“I benefici di un regime alimentare strutturato a contenuto proteico controllato per ridurre l’iperfiltrazione renale e prevenire la progressione della malattia renale cronica sono ampiamente noti”, spiega la dottoressa Bettiga, biologa nutrizionista presso la Casa di Cura La Madonnina e dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Come raccomandato dalle linee guida KDOQI 2020, la dieta contro l’insufficienza renale cronica deve garantire:
- un apporto energetico in grado di garantire il fabbisogno calorico giornaliero;
- un adeguato apporto proteico, necessario per mantenere un bilancio azotato positivo senza sovraccaricare la funzionalità renale. Il bilancio azotato è la differenza tra la quantità di azoto ingerita con le proteine contenute negli alimenti e la quantità eliminata mediante la molecola di urea con l’urina. L’equilibrio del bilancio azotato è elemento essenziale per mantenere un buono stato di nutrizione e di composizione corporea. In questo modo si riduce la perdita di massa muscolare e il rischio di malnutrizione che potrebbe instaurarsi, se il paziente non segue adeguatamente la dieta oppure se la dieta con un contenuto ristretto di proteine è un fai da te;
- un apporto adeguato di sodio, potassio e fosforo, adattato secondo le necessità cliniche nello stesso paziente e non aprioristicamente determinate dal livello di funzione renale del paziente. I reni danneggiati perdono progressivamente la loro capacità di eliminare carichi elevati di sodio, acqua, potassio, fosforo e ioni idrogeno con tendenza alla loro ritenzione.
Oltre alle quantità, di fondamentale importanza per il paziente con malattia renale cronica è la modifica della qualità degli alimenti assunti, riducendo gli alimenti di origine animale, particolarmente ricchi di fosforo, e favorendo in particolare cibi di origine vegetale, che inducono effetti favorevoli su:
- metabolismo del fosforo;
- equilibrio acido-base: in quanto mantenere un pH corporeo stabile permette il corretto svolgimento di processi biologici cruciali per la salute delle cellule del corpo, come la sintesi proteica, la regolazione dell'attività degli enzimi e il trasporto di sostanze nutritive attraverso le membrane cellulari;
- pressione arteriosa;
- emodinamica renale, quindi all’andamento del flusso sanguigno all’interno dei reni e il suo ruolo nella regolazione della pressione arteriosa.
Regime proteico e insufficienza renale
Sebbene le diete ad alto contenuto proteico continuino a essere popolari per la perdita di peso e il diabete di tipo 2, studi clinici sembrano suggerire che questo tipo di diete possano esacerbare in individui con, e forse senza, funzionalità renale compromessa un peggioramento della funzionalità renale.
Un elevato apporto proteico nella dieta può causare ipertensione intraglomerulare renale, che può provocare:
- iperfiltrazione renale;
- danno glomerulare;
- proteinuria.
È possibile quindi che un’elevata assunzione di proteine a lungo termine possa portare all’insorgenza di un danno renale.
La dieta deve essere personalizzata e adeguata, pertanto è sempre necessario affidarsi a un professionista che prescriva gli opportuni esami di valutazione della funzionalità renale, soprattutto nei pazienti con fattori di rischio per l’insufficienza renale.
Monitoraggio della dieta
Il monitoraggio della risposta alla terapia nutrizionale risulta, infine, di fondamentale importanza per poter eventualmente intervenire con modifiche alla dieta prescritta.
Il professionista utilizzerà parametri valutativi come:
- massa muscolare (il peso complessivo dei muscoli del corpo);
- massa cellulare (il peso totale delle cellule nel corpo, inclusi i muscoli, ma anche tessuto adiposo, ossa e organi, senza considerare altri elementi come liquidi e tessuti non cellulari);
- massa corporea (il peso totale del corpo);
- bilanciamento dell’acqua extra vs intra-cellulare: alterazioni nel bilanciamento dell’acqua all’interno ed esterno delle cellule, come la disidratazione o il sovraccarico di liquidi, possono influenzare diversi processi dell’organismo e la sua salute;
- diario degli apporti dietetici, un diario con su scritto tutto ciò che la persona mangia e beve durante la giornata, così come le quantità e le porzioni consumate;
- valutazioni funzionali e di performance fisica come, per esempio, il test handgrip, ovvero il test di forza della presa della mano: un test utilizzato per valutare la forza dei muscoli dell’avambraccio e della mano. In ambito clinico viene utilizzato come valutazione della sarcopenia, ovvero una malattia che comporta riduzione della massa e della forza muscolare dovuta all'invecchiamento. Il Rapid Assessment of Physical Activity (RAPA), invece, è un questionario che analizza vari aspetti dell’attività fisica praticata.