Come raccontare la fecondazione eterologa ai bambini?

PUBBLICATO IL 07 OTTOBRE 2022

Circa il 10% delle coppie europee soffre di infertilità, eppure il ricorso ai trattamenti di fecondazione assistita eterologa è ancora un argomento delicato, così come la decisione se raccontare o meno ai figli del percorso intrapreso.

Abbiamo approfondito questo tema con la Dott.ssa Francesca Zucchetta, Psicologa-psicoterapeuta esperta in tematiche di infertilità di coppia e Procreazione Medicalmente Assistita della Clinica Eugin, che a Milano opera in partnership con il Centro di PMA della Casa di Cura La Madonnina.

 

Informare il bambino è un dovere?

“Un primo passaggio fondamentale è dare alle coppie informazioni corrette. Il paragone con il percorso adottivo, per il quale vi è una normativa che impone ai genitori adottivi di informare il bambino, viene spontaneo. 

Invece, per il percorso di fecondazione assistita eterologa non vi è una legge. Pertanto, i genitori hanno la facoltà di scegliere” spiega la dottoressa Zucchetta.

Alleggeriti dalla notizia che non vi è un vincolo normativo, le coppie desiderano comunque sapere cosa è meglio per sé stessi, per il figlio e per il proprio progetto di famiglia: la libertà di poter scegliere fa emergere il senso di responsabilità di ‘fare la cosa giusta’.

Cosa preoccupa i genitori

Spesso appare la preoccupazione che svelando il ricorso alla donazione dei gameti, si possa incorrere nel:

  • rifiuto da parte dei figli, con conseguente stress, mancanza di fiducia e incertezza, capaci di alterare il loro equilibrio psicologico;
  • reazione dell’ambiente esterno che, magari proprio tramite il figlio, verrebbe a sapere.

La scelta di intraprendere una fecondazione eterologa, ad ogni modo, non è dettata solo da diagnosi e accertamenti, ma da un progetto di coppia; da una radicata scelta d’amore, di accogliere e crescere il bambino. 

È questo che ciascun figlio desidera ascoltare dai propri genitori: sentirsi voluto, desiderato e immaginato.

Non solo genetica

Altri dubbi, poi, sono legati all’idea che la trasmissione del patrimonio genetico sia l’elemento principale che legittima e sancisce il ruolo genitoriale, quando invece non è così.

È fondamentale, infatti, spiegare alla coppia che la reale genitorialità si esprime nel rapporto che si instaura nel tempo con il bambino e come il “sentirsi genitori” nasca già quando questo desiderio viene condiviso.

Lo stesso vale per il figlio che, a prescindere dalla genetica, acquisisce caratteristiche, somiglianze e personalità che dipendono dall’ambiente in cui è cresciuto, dalle abitudini, dagli stili di vita e dagli stimoli ricevuti nel tempo, a partire già dai nove mesi di gravidanza.

 

Quando e come comunicare al bimbo la modalità di concepimento

Quando una coppia acquisisce consapevolezza sui concetti sopra esposti, può essere più propensa a comunicare con serenità al proprio figlio le modalità di concepimento. 

In questo caso è utile seguire alcune indicazioni: 

  • Il periodo anagrafico più indicato è attorno ai 4-5 anni, da questa fase può partire un dialogo che accompagna tutta la crescita del bambino;
  • è possibile ricorrere a un consulto psicologico o ricorrere al copioso materiale disponibile sul tema, quali favole, racconti e libri interattivi, con parole, immagini e argomenti adatti al periodo evolutivo.

 

Se si decide di non comunicare il ricorso alla fecondazione eterologa

La coppia che, invece, decide di evitare di informare del ricorso alla fecondazione eterologa il bambino e chi la circonda potrà trovare un confronto e supporto nella consulenza psicologica, anche in termini di accordo fra i partner. L’aspetto fondamentale è non trattare questa decisione in termini di segreto, ma solo di scelta.

“Il segreto - sottolinea la dottoressa -  nella sua accezione negativa, rivela infatti una discrepanza, una distanza emotiva fra la scelta fatta e la preoccupazione che questa possa uscire allo scoperto, suscitando il timore di un giudizio esterno”.

Considerare la cosa un segreto potrebbe essere sintomo del fatto di non essere ancora pienamente convinti, di non avere concluso il percorso di accettazione. In questo caso, sarebbe piuttosto utile fermarsi e darsi uno spazio di ulteriore riflessione. 

 

Normalizzare i dubbi

La decisione di ricorrere alla donazione di gameti maschili, femminili o di entrambi i partner, è molto complessa, specialmente dal punto di vista emotivo. Il percorso di fecondazione assistita eterologa proietta la coppia già in un futuro possibile; concreto, ma non sempre questa si sente di affrontare l’argomento, per il timore di precorrere i tempi, di dare per scontato che avrà certamente un figlio da questo percorso. 

L’invito della dottoressa è, dunque, quello di legittimare anche che queste tematiche, sconosciute e complesse, accompagnino sempre il percorso decisionale e siano un sereno oggetto di confronto e informazione, sia a livello medico che psicologico.

Cura e Prevenzione