Cos'è l'arteriopatia periferica e come si manifesta
PUBBLICATO IL 23 NOVEMBRE 2023
L'arteriopatia periferica è una condizione medica molto diffusa e spesso silente, che determina un restringimento delle arterie e una limitazione dell’afflusso sanguigno alle zone periferiche del corpo, con diversi rischi per la salute. Il Prof. Maurizio Domanin, specialista in Chirurgia Vascolare della Casa di Cura La Madonnina, ci illustra meglio le caratteristiche di questa patologia, quali sono le sue manifestazioni cliniche e come si cura.
Cos’è l’Arteriopatia Obliterante Periferica (AOP)
“L’Arteriopatia Obliterante Periferica (AOP) o, nella sua forma cronicizzata, Arteriopatia Obliterante Periferica Cronica (AOPCC), è una patologia vascolare che determina un’ostruzione più o meno ampia a livello delle arterie deputate al passaggio del sangue verso arti e tessuti periferici”, spiega il professor Domanin.
Si tratta di una delle manifestazioni più frequenti dell’aterosclerosi: il processo generale di accumulo di placche ostruttive all’interno delle arterie il quale, ad ogni modo, può interessare anche i distretti corporei non periferici.
Sintomi e stadiazione dell’AOP
La sintomatologia dell’arteriopatia obliterante periferica varia a seconda di:
- livello di ostruzione: finché l’occlusione rimane moderata (generalmente al di sotto del 50%), la malattia presenta un decorso asintomatico;
- localizzazione: se la patologia coinvolge, ad esempio, i segmenti aortici della gamba, la possibilità che si sviluppino percorsi circolatori collaterali come compensazione renderà la sintomatologia più blanda. La localizzazione, inoltre, va ad influenzare anche le sedi in cui si evidenziano i sintomi.
In base ai fattori sopra citati, possono essere indicati 4 stadi della malattia, caratterizzati da manifestazioni cliniche differenti:
- Stadio 1: asintomatico. In questa fase le ostruzioni e di conseguenza la riduzione dell’afflusso sanguigno non sono ancora significative o vengono compensate da percorsi collaterali. La malattia è rilevabile solo con gli opportuni test diagnostici;
- Stadio 2: dolore intermittente. Il paziente manifesta ad intermittenza pesantezza all’arto e dolore, generalmente simile a quello di un crampo, durante l’attività fisica e il movimento come, ad esempio, la deambulazione;
- Stadio 3: dolore forte e cronico. Il soggetto presenta, anche a riposo, un forte e costante (da più di 30 giorni) dolore all’arto che si acuisce durante il riposo notturno;
- Stadio 4: ulcere e gangrene. Si tratta dello stadio finale in cui si manifestano ulcere e, nelle forme più gravi, anche gangrena.
Ischemia arteriosa acuta
A questo quadro clinico si aggiunge l’ischemia acuta: un’importante ostruzione delle arterie che riduce significativamente e in poche ore l’afflusso sanguigno agli arti periferici.
L’ischemia acuta richiede l’intervento urgente del chirurgo vascolare e si manifesta con un arto caratterizzato da:
- pallore;
- ipotermia: riduzione della temperatura rispetto al resto del corpo;
- paralisi;
- dolore;
- formicolio e intorpidimento (parestesie);
- assenza di polsi periferici, quindi impossibilità a rilevare la pulsazione in quell’area.
Perché l’AOP colpisce soprattutto le gambe
Interessando le arterie periferiche, l’AOP può riguardare sia gli arti superiori che inferiori, ma colpisce in particolar modo le arterie delle gambe a causa di:
- forza di gravità;
- maggiore distanza dal cuore;
Per pompare il sangue verso il cuore, infatti, gli arti inferiori devono contrastare maggiormente la forza di gravità con una pressione arteriosa che quindi è più alta.
Rischi dell’AOP
Fino al 10% della popolazione totale e fino al 15-20% degli over 70 è affetto da un’AOP allo stadio 1, rilevabile con semplici test non invasivi.
Se, ad ogni modo, il processo arteriosclerotico che è alla base della patologia non viene opportunamente diagnostico e trattato, questa è portata ad evolversi nel tempo. Sebbene in molti casi il paziente sviluppa percorsi circolatori collaterali che ne stabilizzano il quadro clinico, in altri, più avanzati, essa può condurre a conseguenze gravi come ischemia e, nel peggiore dei casi, amputazione dell’arto o morte.
Cause dell’arteriopatia periferica
Poiché la principale causa dell’arteriopatia periferica è rappresentata dall’aterosclerosi, le condizioni alla base di questa sono quelle che possono determinare anche l’AOP, ovverosia:
- fumo di sigaretta;
- valori di colesterolo elevati (ipercolesterolemia);
- ipertensione arteriosa;
- diabete mellito;
- familiarità genetica;
- stile di vita sedentario.
Diagnosi dell’arteriopatia periferica
La diagnosi della patologia è in primo luogo clinica e si basa sull'esame obiettivo e sull’anamnesi personale e famigliare del paziente.
Per confermarla viene effettuato un EcocolorDoppler degli arti inferiori arterioso: un esame ad ultrasuoni (ecografia) che consente di visualizzare i vasi sanguigni e il flusso ematico al loro interno, così da poter individuare eventuali alterazioni e/o ostruzioni, quindi di pianificare anche il corretto approccio terapeutico.
Un’Angio TC e Angio RM possono, inoltre, essere utilizzate per visionare ulteriori dettagli dei vasi sanguigni e reperire informazioni aggiuntive sull’estensione della patologia.
Terapia dell’AOP
“I principi fondamentali della terapia contro l’arteriopatia periferica - specifica il medico - sono delle corrette indicazioni fornite al paziente relativamente a:
- quadro clinico generale;
- localizzazione ed estensione della patologia;
- implicazioni sulla qualità di vita;
- naturale evoluzione della malattia e, soprattutto, severità della sintomatologia”.
La terapia dell’AOP può prevedere:
- modifica dei fattori di rischio cardiovascolari;
- terapia farmacologica;
- intervento chirurgico.
Stile di vita
Dopo aver esposto chiaramente al paziente le caratteristiche della patologia e del suo decorso, la prima linea di trattamento è rappresentata dalla modifica dei fattori di rischio cardiovascolari modificabili, con:
- l’interdizione a fumare;
- dieta equilibrata;
- moderata e regolare attività fisica.
Farmaci
Passando, poi, alla terapia farmacologica, abbinata a uno stile di vita sano e regolare, questa si basa principalmente su farmaci che:
- stabilizzano la placca aterosclerotica, abbassando i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue (es. statine);
- vanno a contrastare l’aggregazione delle piastrine, che possono formare dei trombi (antiaggreganti piastrinici) o agiscono riducendo la capacità del sangue di coagulare (antitrombotici);
- dilatano i vasi sanguigni nelle aree ristrette/occluse e alleviano la sintomatologia dolorosa data dall’occlusione (vasodilatatori).
Intervento chirurgico
Nel caso venga fornita dal medico specialista l’indicazione chirurgica, la scelta della metodica da utilizzare viene effettuata insieme al paziente basandosi su:
- rischio correlato all’intervento;
- grado e durata dei miglioramenti che si possono ottenere con la procedura, così da mantenere nel tempo un adeguato afflusso e deflusso nell’area attualmente occlusa;
- localizzazione e caratteristiche della patologia.
Il trattamento chirurgico prevede una rivascolarizzazione endovascolare mininvasiva con l’ausilio di tecniche quali:
- angioplastica percutanea transluminale (PTA), in cui una sorta di piccolo palloncino viene gonfiato nell'arteria per aprirne il lume (lo spazio interno) e ripristinare il flusso sanguigno;
- stent eseguibili con accesso percutaneo: lo stent è una maglia metallica utilizzata per mantenere aperto il vaso sanguigno ristretto od occluso. In questo caso, viene inserita tramite il derma con un catetere che serve e guidarla fino all’arteria d’interesse.
Nei casi più complessi, infine, si preferisce un approccio open con:
- bypass sintetici o autologhi: il chirurgo vascolare sutura sopra e sotto il vaso sanguigno ostruito un segmento di arteria/vena prelevato da un’altra zona del corpo del paziente o un tubo artificiale detto “protesi vascolare”, così da bypassare, appunto, il punto bloccato;
- endoarteriectomia: il chirurgo apre l’arteria ostruita per raschiare la placca, quindi ripulire l’area e ripristinare il flusso sanguigno.
Spesso, oramai, queste 2 procedure vengono combinate durante lo stesso intervento chirurgico (interventi ibridi).